Questo elaborato passa in
rassegna e connette una serie di eventi politici, legislativi, storici,
filosofici e letterari trattati in un ciclo di lezioni e seminari organizzati
da “UDU Sapienza” nell’anno accademico 2018/2019 riguardanti razzismo e
migrazioni, da “Le Supplici” di Eschilo alle politiche del governo
“giallo-verde”, passando per la Resistenza e l’unione di razzismo, razzialismo
e suprematismo.
PARTE PRIMA Il razzismo dai tempi della Resistenza al primo
decreto “insicurezza”: di questo si è parlato nel seminario intitolato “Accoglienza e Razzismo: il razzismo ai tempi del
fascismo e le conseguenze politiche attuali”
Fabrizio
De Sanctis, presidente della sezione romana dell’ANPI, ha trattato argomenti
che connettono la stretta attualità con la resistenza. Emblematica è la
dichiarazione “la Costituzione ha
solo un difetto: non è stata applicata!” e continua spiegando che “L’art. tre
parla di uguaglianza “sostanziale”, il quarto del diritto al lavoro, il quinto
dell’unità d’Italia che verrà “spezzata”. È frutto è
lascito della Resistenza (…) sarebbe bello fare un’edizione critica di questa”.
Il rappresentante dell’associazione partigiana accenna poi al fatto che pure
suo padre era un “ ‘meticcio’ tenuto nascosto”, dato che il regime razzista
degli anni trenta nelle colonie vietava il matrimonio con i non italiani e che,
solo nel 2011[1],
la Corte Costituzionale ha affermato il principio che anche gli stranieri
“irregolari” (ossia senza regolare documento di soggiorno) possono sposare un
cittadino italiano, andando contro l’articolo 116 del Codice civile e una norma
del “pacchetto sicurezza” del 2011. Poi De Sanctis si sofferma su altre
questioni culturali e di diritto: la Cassazione ha affermato la sostanziale
uguaglianza di fascismo e razzismo [2],
inoltre l’articolo primo della Costituzione afferma che la sovranità appartiene
al popolo, non certo ai potentati finanziari e alla dittatura di questi. Ciò va
contro chi, in maniera riduzionista, afferma che il primo comma della XII
disposizione finale e, cosiddetta, “transitoria” sia destinato a essere
temporaneo, e che quindi è un dato di fatto che la Carta costituzionale è
intrinsecamente antifascista. Infatti parla di diritti “inviolabili” e
solidarietà nel secondo articolo, e il terzo dice no alle discriminazioni, in
particolare a quelle sulla “razza”: anche se oggi, come si vedrà più
approfonditamente nella parte conclusiva di questo scritto, parlare di diverse
razze è geneticamente infondato, è bene “che questa parola, ‘razza’, non sia
cambiata per evitare qualunque tipo di equivoco”. L’esponente dell’associazione
partigiana fa anche un’altra considerazione sul diritto, una considerazione
“allarmante” sull’apologia di fascismo e razzismo (prevista dalla “legge
Mancino”): il 29 Marzo 2019, giorno dell’incontro, la Commissione nazionale
antimafia ha modificato le regole che riguardano l’eleggibilità di candidati[3]
con cumuli di pene fino a quattro anni e non escludono chi abbia riportato
condanne per le menzionate apologie, per questo “se qualcuno prende sei anni
per un blocco stradale non può candidarsi, mentre chi si è macchiato di un
pestaggio aggravato da motivazioni razziali, che in media viene condannato a
meno di quattro anni, potrebbe essere eletto”. Ci sono poi una serie di
riflessioni sulla spontaneità del razzismo: “il razzismo è spontaneo? L’uomo
nasce razzista? C’è stato il caso di un maestro (che ha poi dichiarato di fare
un esperimento sociale, dichiarazione considerata una scusa da De Sanctis nda)
che ha messo all’angolo un bambino di colore! Questo dimostra che il razzismo
non è un fenomeno spontaneo”. Viene poi menzionato l’ Editto di Caracalla del 212
D.C. che estendeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, e
che pur esistendo la schiavitù anche un nord-africano poteva diventare
imperatore. Per molti il razzismo, come si vedrà sempre più avanti in questo
scritto, inizia con la scoperta e la colonizzazione del Sud America, per noi
italiani invece “inizia sicuramente con il fascismo”. Il razzismo, sentimento
non naturale, consisteva nel creare un capro espiatorio, nel creare “un nemico
del popolo per schiacciare lo stesso popolo. L’articolo tre nasce dalla
resistenza che è guerra di liberazione. L’Italia ha inventato il fascismo, il
paese con la disoccupazione più alta, con più crisi, e da cui ci si attendeva
rabbia… Ma l’Italia ha inventato anche l’antifascismo (…) il razzismo è stato
superato, si è combattuto in Spagna, in Etiopia, in Messico, in Cina, in Grecia
e Jugoslavia. La Resistenza è un movimento politico internazionale e, in
Italia, vi hanno partecipato anche stranieri, africani, mezzi africani come
Giuseppe Marincola”, nome di battaglia “Mercurio”, partigiano “meticcio” che
come “premio” ha scelto la possibilità di continuare a combattere nel nord
Italia dove troverà la morte nell’ultima strage nazista in territorio italiano,
dopo aver combattuto nel centro-sud, dopo essere stato torturato per non aver
rinnegato la resistenza e dopo l’internamento nel lager di Bolzano. Vengono poi
citati altri tragici eventi della lotta contro il nazi-fascismo come l’eccidio
avvenuto nella zona della capitale, “La Storta”, quello di uno dei “partigiani-bambini”,
Ugo Forno, morto a tredici anni, simbolo di quell’epoca sciagurata in cui anche
i minori hanno combattuto. C’è poi un parallelismo tra i campi di sterminio e
quelli, non di sterminio ma di concentramento, in Libia dove avvengono violenze
e ricatti, dove si svolge una parte del traffico di essere umani, in quel paese
instabile al quale il governo Conte (quantomeno l’ “uno”) aveva intenzione di
“affidare”, di “scaricare” come un “barile”, il complesso problema dei flussi
migratori e del soccorso di migranti in acque italiane o internazionali… Ci
sono poi una serie di altre questioni menzionate da De Sanctis nell’incontro
che, a dire di chi scrive, devono essere quantomeno menzionate: c’è il caso del
gruppo paramilitare europeo denominato “Generazione Identitaria” e di altri
“vecchi e nuovi fascisti come Casapound e Avanguarda Nazionale (sciolto negli
anni settanta ma che fa ancora manifestazioni) che si saldano alla Lega, a Lealtà e
Azione… Per non parlare di Fratelli d’Italia”; poi si parla dle teorie pseudo-complottiste[4] sulla sostituzione etnica con Soros a capo e delle Ong che attraggono e
collaborano con i trafficanti; dopo si spiega uno dei profili di incostituzionalità del
“decreto sicurezza (uno)” dove si prevede che chi non è italiano per nascita
può perdere la cittadinanza per reati di terrorismo o eversione[5]:
“quanti danni farà fino a quando verrà dichiarato incostituzionale?!”; si parla anche del pericolo che nasce dal diffondersi del razzismo e di episodi come il sit-in
contro gli Eritrei (molti dei quali sono in realtà di “origine” eritrea, e
quindi italiani a tutti gli effetti) ai quali era stata assegnata la casa
popolare e del recente pestaggio a Ostia… In conclusione il presidente
dell’Anpi capitolina ha detto, riferendosi al fatto che non sono rimasti in
molti i partigiani ancora viventi: “ci sono circa quattromila partigiani oggi,
quasi lo stesso numero di quelli che parteciparono alla manifestazione contro la
fuga di Kappler, che furono tremila. Noi dobbiamo continuare ad affermare quei
principi fondamentali; saremo noi a guidare, anche la lotta!”.
Nella seconda parte del
seminario è intervenuto Claudio Graziano, responsabile immigrazione dell’ARCI
di Roma. Ha esordito parlando delle responsabilità morali e legali del decreto,
riferendosi all’art. 10 della Carta costituzionale e in particolare al comma
terzo, allo “spostamento”, di fatto,
della frontiera Italiana in Libia e al caso della nave Diciotti. Poi espone il
problema della percezione dell’entità delle migrazioni, corredata da alcune
statistiche: “il grosso delle migrazioni africane sono interne all’Africa! La
percezione invece è diversa, si pensa a milioni di persone ma invece sono poche
centinaia di migliaia. In Italia ci sono circa cinque milioni di stranieri e la
maggioranza lavora e non vota!”. Nella continuazione del suo discorso è
esemplare il paragone con l’immigrazione dei meridionali italiani verso il
nord: “spesso il ‘negus’ era il ‘terrone’ (…) si diceva negli annunci ‘non
affitto a meridionali’ ”. Continua poi esponendo il suo punto di vista e le sue
previsioni sulle conseguenze più importanti del dl 113/2018[6]
: “fino a quando la protezione non viene data non si può entrare in un percorso
di accoglienza (…) centinaia di migliaia diventeranno illegali (disegnandone
un’immagine sbagliata) e non saranno nemmeno tecnicamente espellibili, è una
farsa! Non avranno risposta dai municipi e molti finiranno nelle grinfie delle
mafie (…) Il sistema dello SPRAR non viene attaccato, si attacca chi può
accedervi (…) ci sono anche situazioni socio-economiche non incluse dalle
protezioni, come quelle che derivano dalla desertificazione”. Dell’ex Ministro
dell’interno dice: “Salvini è un ‘moderato’ se confrontato con Radio Padania di
prima (…)”, e a proposito del “lessico d’odio” aggiunge “sarebbe così facile
dire ‘piscio sulle moschee’ oppure ‘sfascio i barconi’ se quei cinque milioni
che pagano le tasse avessero anche il diritto di voto?! Non è questa
un’emergenza democratica?!”. Tra le affermazioni finali del rappresentante
dell’Arci quella più adatta per concludere la prima parte di questo scritto è
la seguente: “i dati, le stupidaggini del Governo li conosciamo (…) il problema
è la comunicazione affettiva”.
PARTE SECONDA La
contemporaneità de “Le Supplici di
Eschilo”, lezione del Professore di Storia della Filosofia Antica,
Emidio Spinelli, de La Sapienza di Roma
“I testi
antichi vanno bene per i musei, sono un qualcosa di ‘monumentale’, qualcosa da
ammirare… E funzionano anche come un cortocircuito tra passato e presente: le
Supplici non sono un testo attuale, ma contemporaneo!” spiega il Professor
Spinelli chiarendo che “questa lezione non sarà “da filologo, ma individuerò
tre nuclei della tragedia che ci riconnettono al presente”, ossia il ruolo
delle donne, le migrazioni e il diritto d’asilo e la gestione dell’emergenza
politica (potrebbe anche essere individuato un quarto nucleo, ossia quello
dell’irrompere della violenza). Viene spiegata la trama: cinquanta Danaidi,
figlie di Danao, sono promesse in matrimonio ai rispettivi cinquanta cugini,
figli di suo fratello Egitto. Questi desidera il matrimonio e la dote, ossia il
regno, e in teoria lo vorrebbero anche le future spose, in quanto diverrebbero
regine. Le Danaidi devono rifiutare il matrimonio perché un oracolo ha predetto
che uno dei loro cugini ucciderà il loro padre, per le donne ciò rappresenta
una prevaricazione: “anche se uno dei tre nuclei, connesso con sopraffazione e
razzismo, è quello della prevaricazione femminile e il ruolo delle donne -si
noti che il coro, vero protagonista della tragedia è composto dalle cinquanta
donne nda-, è una demenza interpretativa il fatto che il femminismo abbia
ripreso ciò”, e fra poco si spiegherà il perché di questa posizione del docente.
Per quanto riguarda il tema delle migrazioni una
prima similitudine è quella della barca che trasporta le “supplici” ad Argo con
i moderni barconi (che possono essere quelli odierni alla deriva salvati dalle
Ong, ma anche quelli dei migranti italiani ed europei che cercavano fortuna in
America e che spesso venivano gettati nell’oceano[7]),
imbarcazioni che sfidano il mare “attraente e terribile al tempo stesso, perché non si
sapeva se tornavi! E anche i luoghi della migrazioni, come Siria e Grecia, sono
simili a quelli di oggi”. Il docente torna ad analizzare poi il tema del ruolo
femminile: il tema dell’incesto non sembra valido in quanto il matrimonio tra
cugini era ammesso in quella cultura, e la rilettura femminista non sarebbe
valida in quanto è il padre, Danao “la mente di tutto, quindi la scelta non è
‘femminista’, ma di obbedienza al padre”. Ci si riallaccia poi al tema delle
migrazioni, infatti le Danaidi si spostano dal “sud del Mondo” di allora verso
l’ “occidente”. Ai versi 154-155 c’è una descrizione etnografica, si dice
infatti “nere, brunite dal sole”, e quindi anche se di discendenza greca “sono
straniere che cercano la città”, e l’insegnante fa una considerazione generica
sullo “straniero”: “quando uno è straniero si tenta di mostrare che c’è
qualcosa in comune, ci si appella a una continuità, si dice ‘veniamo dallo
stesse seme’”. Si ritorna poi a quello che, secondo il docente, è l’unico
elemento che potrebbe prestarsi effettivamente a una lettura femminista e, per
così dire, vagamente anarchica, cioè il rifiuto delle nozze, di fare figli,
della norma… Tuttavia, l’ “occupazione” di un luogo sacro (che sarebbe il
recinto in cui era garantito il diritto d’asilo e in cui le donne trovano
rifugio) implica anche il rispetto degli dei, e quindi non ci sarebbe una vera
rottura politica ma conformità alla religione e alla protezione degli dei. Il
verso 749, dove si dice “da sola la donna è nulla, non ha forza” va ancora a sfavore dell’interpretazione femminista. Queste donne hanno attraversato il
mediterraneo e sono un problema per chi le accoglie, “sono una patata bollente
per Pelasgo” che si trova stretto tra due fuochi: da un lato l’araldo egizio e
i cinquanta uomini che le rincorrono, dall'altro l’ira degli dei. Al verso 371
c’è il fulcro del nucleo che riguarda il diritto e la politica, maggiormente
connesso al nostro tempo: non è Pelasgo che deve prendere una decisione, ma
l’assemblea cittadina. Eschilo è filo-democratico e fa propaganda per la
democrazia ad Atene, non c’è un decreto imposto, dittatoriale, ma “la forza del
popolo unito. Non c’è un obbligo, ma una decisione dal basso. Certo oggi c’è
anche la questione del diritto internazionale” che per ragioni di sinteticità
non viene affrontata nella lezione, e che è quello a cui Salvini, di Maio e il resto del governo dovrebbero sottostare, insieme alla volontà popolare che, a sua volta, si riflette nelle
leggi internazionali richiamate, come si è visto prima, dalla Costituzione. Le
donne sono quindi accolte, nonostante l’incombere di una guerra, e c’è ancora
un’altra questione fondamentale connessa al nucleo della migrazione, quella
dell’integrazione (verso 990[8]):
in conclusione il professore infatti ritorna più volte sul concetto del
migrante che deve impegnarsi per farsi accettare e sforzarsi di conformarsi
alle differenze che incontra nella terra d’accoglienza, anche se sforzi simili
possono o dovrebbero essere fatti pure da chi accoglie, ma non prevalentemente
da questi.
PARTE TERZA Nel seminario intitolato “Hate Speech:
l’esperienza di Amnesty International” tenuto da Riccardo Noury, Portavoce di
Amnesty International Italia, emerge prepotentemente il problema
dell’individuazione del capro espiatorio usato come elemento di aggregazione.
I discorsi
dei vari despoti degli anni venti e trenta, basati su slogan e
sull’individuazione di un nemico non sono dissimili da quelli di oggi: per
esempio il Presidente filippino Duerte si è scagliato contro i “junkies”, ossia
i tossicodipendenti, paragonandosi a Hitler con lo sterminio degli ebrei e
dicendo che ne ucciderà “tanti quanti ne ha sterminati Hitler”; similmente ha
fatto Trump con gli immigrati del Sud America e con il “travel ban” diretto a
certi paesi a maggioranza musulmana; si può menzionare poi la propaganda di
Viktor Orbàn contro Soros anche se questa, a dire del portavoce di Amnesty, “è più raffinata perché ha come obbiettivo un
nemico individuale”. Si spiega poi che il confine tra discorso e crimine
d’odio è molte volte labile, e che i crimini d’odio possono “globalizzarsi”:
emblematico a tal proposito è il fatto che sulle armi dei terroristi di
Christchurch, in Nuova Zelanda, sono stati trovati, tra vari nomi, quelli del
Doge veneziano che sconfisse i turchi a Lepanto e quello di Luca Traini,
responsabile dell’attentato a danno di africani a Macerata. La libertà d’opinione
viene spesso invocata per fare questi discorsi di ostilità, innescando un
processo che fa diventare accettabili delle idee non ritenute precedentemente
come tali.
Noury ha poi
presentato un’iniziativa dell’organizzazione che rappresenta, un “barometro
dell’odio”[9]
che misura, con strumenti informatici e statistici, la maniera e l’incisività
con le quali i politici contribuiscono al propagare “l’odio” (non solo contro
migranti ma anche contro categorie come le donne e i diversamente abili) sui
social network: si è visto per esempio come sono proliferati i discorsi contro
le Ong che salvano vite in mare quando Di Maio le ha definite come “tassisti
del mare”. Inoltre sembra esserci anche una correlazione con la diminuzione di
donazioni e l’aumento di richieste di dis-iscrizione da queste. Si parla anche
poi dell’algoritmo dei social network e come questi, in particolare quello di
Facebook, favorirebbero una comunità che ha idee omogenee, che la pensa allo
stesso modo, e di come questi potrebbero a loro volta essere “forzati” con
segnalazioni di massa. Il seminario si conclude con delle considerazioni sul
regolamento di Dublino, visto come una “gabbia” anche da molti migranti che
approdano per la prima volta in Italia, dove in realtà non vorrebbero restare,
insieme a opinioni e previsioni riguardo il decreto sicurezza, sostanzialmente
analoghe a quelle menzionate dal portavoce dell’Arci romana nella prima parte
di questo scritto.
PARTE QUARTA Il novantanove per cento del Dna umano è
condiviso da tutti gli uomini e il restante un per cento non può essere usato
per classificazioni razziali: questa evidenza scientifica è forse il punto più
importante su cui riflettere oggi, tra le varie questioni affrontate nella
lezione intitolata “Dal razzialismo
al suprematismo senza ‘razza’ ”, tenuta dalla Professoressa di Logica e Filosofia della scienza, Elena
Gagliasso, dell’Università di Roma La Sapienza.
Il punto di partenza della lezione, che dovrebbe
forse essere anche il punto di inizio di ogni discorso sul razzismo oggi, è il
fatto che il razzismo è un concetto senza basi scientifiche in quanto la specie
umana è unica[10]! C’è
un meccanismo, che deriva “non tanto dalla biologia ma da qualcosa a cavallo
tra psicologia delle masse, storia e antropologia che fa scattare una
categorizzazione e una gerarchizzazione delle razze”. La razziazione, ossia il concetto di diffusione delle
razze e divisione di queste, per alcuni “non è una trasformazione neutrale, ma
una degenerazione delle specie adamitiche per varie cause, come quelle
ambientali (per cui abbiamo l’esempio del clima, con il sole che brucia la
pelle e arriccia i capelli), come l’alimentazione, ma anche i costumi, le
abitudini, le politiche economiche”. C’è poi una concezione che può essere
chiamata “mesoscopica” o “tipologica”, ossia di un qualcosa che si distacca da
un modello ideale o invece si avvicina a questo: viene fatto l’esempio dei
primi europei che arrivano in America domandandosi se gli “esseri” che incontrano
siano a loro volta umani, se posseggano o meno razionalità e se possano essere
usati come schiavi. Questa concezione, per così dire “biologica”, sarebbe
quella alla base del razzismo moderno, basti pensare alla differenza con gli
antichi greci e romani[11]
per i quali l’alterità si basava su ragioni culturali e non biologiche. Si
comincia poi a diffondere in Europa, intorno al 1700, un’ideologia
pseudoscientifica ripresa oggi dai difensori dell’identarismo europeo, chiamata
“razzialismo”: si condanna la commistione delle razze e si identificano
relazioni “lombrosiane” e causali tra caratteristiche fisiche e
comportamentali. Sarà Darwin a smentire ciò teorizzando che, all’opposto di
quanto i razzialisti credono, più c’è diversità in una specie più quest’ultima
si rafforza. Il XIX sec. è “un incubatore di quello che oggi è un insieme di
razzialismo, razzismo e suprematismo -quest’ultimo termine indica nello
specifico l’ideologia che crede una razza superiore alle altre nda-”. Più
avanti nella storia, il razzismo si distaccherà dal razzialismo: la docente
infatti spiega che “la priorità non è più questione tassonomica, ma cosa si fa
tra ‘noi’ e gli ‘altri inferiori’ ”. In
un primo caso gli “altri” possono essere schiavizzati, si parlerà quindi di
“razzismo di sfruttamento”. Esiste poi il “razzismo di espulsione o
annientamento” che viene applicato per le idee pseudoscientifiche sulla purezza
del sangue ma anche per le “classi pericolose”, ossia gli alcolizzati, i
“dissoluti” e i diversamente abili in quanto “inferiori” fisicamente o
mentalmente. Razzismo, razzialismo e suprematismo diventano più sfumati “perché
l’essere umano è sulla difensiva, perché fa parte della nostra dimensione
etologica (…) si pensi all’esempio di qualcuno che a un certo punto sale sullo
scompartimento di un treno: quella persona rappresenta il “diverso” rispetto ai
passeggeri saliti alla stazione di partenza”. La segregazione, la separazione è
l’esito dell’etichettamento, di norme culturali e politiche: la discriminazione
è necessaria per inferiorizzare e subordinare, la de-umanizzazione è
strumentale a trattare male il prossimo “perché tanto sono meno umani”. La
segregazione è la fusione di razzismo di isolamento e sfruttamento. Oggi, per
esempio, si vogliono i migranti per sfruttarli nei campi e perché servono a
quelli che speculano sul business dell’accoglienza, e poi devono essere anche
cacciati, “annientati”, e quindi abbiamo un mix di razzismo di espulsione e
sfruttamento. “Il paragone della Kyenge a un orango di Calderoli, per esempio,
è simile a quello dei conquistadores spagnoli, con la differenza che allora
c’erano delle teorie pseudoscientifiche che, per l’epoca, erano scientifiche”.
Il nazismo svilupperà le teorie pseudoscientifiche menzionate realizzando un
orrendo salto di qualità nell’organizzazione della disumanizzazione e
“riduzione a pezzo”.
Si passa poi
al tema filosofico dell’identità, delle trasformazioni biunivoche di “diversi”
che entrano in contatto e della necessità di costruire “l’altro” come rimedio
all’anonimato: quando “non si tiene più la compagine sociale proiettiamo
un’identità precisa sull’altro, ricompattiamo
la nostra identità. Umberto Eco a proposito diceva 'costruiamo il nemico' (…)
l’identità è il punto cieco di ogni discorso”. Sempre a tal proposito si parla
poi degli scritti dell’antropologo Francesco Remotti[12].
La
conclusione di questo scritto è un punto del “Manifesto della Diversità e
Coesione Umana” del 2018, che vede tra i firmatari la Prof. Gagliasso e si pone
in antitesi al “Manifesto della razza” pubblicato nel 1938[13],
ottant’anni prima: “La ricerca per
una vera e fruttuosa coabitazione è una responsabilità collettiva: per prevenire il razzismo dal
cancellare il senso umano di comunità e solidarietà, indispensabile per una
coesistenza vera e fruttuosa, tutti, mantenendo la loro identità personale,
devono essere coscienti del fatto che sono connessi agli altri attraverso la
loro appartenenza a una comunità più grande, l’umanità, e sono connessi anche
attraverso un destino comune, quello di cittadini del mondo”.
[1] https://www.altalex.com/documents/news/2011/07/26/immigrati-consulta-anche-irregolari-possono-sposarsi
articolo pubblicato sul sito di Altalex
il 26/07/2011 che riprende un lancio dell’agenzia Asca
[2]https://www.anpi.it/articoli/1716/smuraglia-il-fascismo-non-e-sconfitto-ha-assunto-le-forme-dellautoritarismo-del-diniego-delle-liberta-e-dei-diritti-del-razzismo
Trascrizione di un intervento di Carlo
Smuraglia del 17/03/2017 “lo ha
detto una sentenza della Corte di Cassazione, fascismo e razzismo sono termini
pressoché indissolubili; e non solo perché il regime fascista perseguitò, e
duramente, gli ebrei, ma perché alla base di ogni autoritarismo c'è sempre un
insieme di fattori che vanno dal nazionalismo, all'egoismo, all'odio raziale,
all'odio per chiunque sia ‘diverso’”
[3] https://www.articolo21.org/2019/03/inasprite-le-regole-per-lesclusione-degli-impresentabili-delle-liste/ Articolo di Vito Lo Monaco
pubblicato sul sito di Articolo 21 il 29/03/2019 “L’adeguamento del Codice di
autoregolamentazione ha escluso, tra i motivi dell’ineleggibilità, i reati di
razzismo, di fascismo, di omofobia con la povera giustificazione che tali reati
non erano contemplati dal precedente Codice d’autoregolamentazione 2014”
[4] Chi scrive questo saggio vuole
soffermarsi sull’idea dello “pseudo-complottismo” e differenziarla da quello
che viene, forse erroneamente, chiamato genericamente “complottismo”: i
“complotti”, come le trame per un colpo di Stato, esistono e sono diversi dagli
“pseudo-complotti”.
[5] http://www.vita.it/it/article/2018/11/29/revoca-della-cittadinanza-agli-adottati-cosa-dice-il-decreto-sicurezza/149932/ articolo pubblicato sul
sito Vita.it, intitolato “Revoca della cittadinanza agli adottati? Cosa dice il
decreto sicurezza” di Sara De Carli del 28/11/2018
[6] È necessario chiarire che il funzionamento e le conseguenze del decreto,
per quanto riguarda il permesso di soggiorno umanitario, non sono “pacifici”
nemmeno tra gli esperti di diritto, per una più approfondita trattazione di ciò
si rimanda a un articolo dell’Associazione per gli Studi Giuridici
sull’Immigrazione https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/permesso-umanitario-dopo-decreto-11-2018/
[7] https://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/immigrati-11/come-eravamo-noi/come-eravamo-noi.html articolo intitolato “Quando i migranti eravamo noi. I nostri morti
gettati nell'oceano” di Giulia
Vola pubblicato sul sito de La Repubblica il 28/08/2009
[8]
Secondo la traduzione,
reperibile all’indirizzo https://pillolediteatro.files.wordpress.com/2017/11/eschilo-le-supplici.pdf Danao dice : <>
[9] Nel link che segue si trova il
“barometro dell’odio” di Amnesti international delle elezioni europee del 2019 https://www.amnesty.it/cosa-facciamo/elezioni-europee/
[10]
www.focus.it/scienza/scienze/si-puo-parlare-di-razze-umane articolo intitolato “Si può
parlare di razze umane” pubblicato sul sito della rivista Focus il 15/01/2018
[11] http://www.storiain.net/storia/le-farneticanti-basi-scientifiche-del-razzismo/ articolo di Renzo Paternoster sul
sito storiain.net del 01/12/2015 intitolato “Le farneticanti basi scientifiche
del razzismo “Gli antichi Greci e
Romani, più che associare l’appartenenza alla razza, collegavano il concetto di
cittadinanza a quello di civiltà, dividendo il genere umano non in razze, ma in
popoli (étnoi).
La cittadinanza presso gli antichi Greci e nell’Impero romano rendeva
giuridicamente liberi, un privilegio sociale, politico e giuridico, non certo
biologico. Chi accettava i valori della civiltà greca o romana era riconosciuto
cittadino. Lo stesso termine “barbari” utilizzato da Greci, poi dai Romani,
oggi usato con un significato ostile o di scherno, indicava unicamente tutti i
non-greci (nella radice della parola, infatti, la ripetizione della sillaba
“bar”, restituisce in maniera onomatopeica il balbettìo incomprensibile): se un
barbaro parla il greco o il latino chiaramente non è più un barbaro”
[12] Per una trattazione dell’argomento
si può consultare la trascrizione del seminario “Contro l’identità” 11/12/2010
tenuto dall’antropologo all’indirizzo http://www.parcobarro.it/meab/ossessione.pdf
[13] https://sites.google.com/uniroma1.it/the-manifesto-2018/the-manifesto-2018 di seguito il passo del manifesto
in inglese: “The search for a true and fruitful cohabitation is a collective
responsibility:
In order to prevent racism from erasing the
human sense of community and solidarity, which are indispensable for a real and
fruitful coexistence, everyone must, while maintaining their personal identity,
be aware of the fact they are linked to others through their belonging to a
larger community, humanity, and through a common destiny, that of citizens of
the world”