16 giu 2011
IMPEGNARSI DOPO IL Sì PER NON VANIFICARE IL VOTO
Cosa bisogna fare per rendere davvero l’acqua un bene “comune”, secondo la definizione del comitato dei “2 sì”? Quali saranno gli effetti dei referendum sull’attuale situazione legislativa? Se non ci si informa nemmeno sul contenuto effettivo delle abrogazioni, se si “propagandano” male i quesiti e, soprattutto, se non si comincia giorno per giorno a essere “vigili” e propositivi sulla gestione di beni e risorse, già da oggi, allora non solo non saranno serviti a nulla, ma potrebbero produrre degli effetti controproducenti e contrari agli stessi principi ispiratori dei “referenda”. Ci si deve attivare in prima persona e non “delegare” nessun altro a informarsi al posto nostro… Non bisogna leggere un volantino o guardare uno spot che dice con tono “populista”: “vota 4 sì contro privatizzazione dell’acqua e profitto dei privati, legittimo impedimento e nucleare” e poi essere convinti di “cambiare il mondo” con 4“sì”. E’ finito il tempo della propaganda e, anche se si è votato “sì” con scarsa consapevolezza, bisogna ora sforzarsi di andare a fondo in questioni così importanti e non farsi prendere da entusiasmi per “vittorie di Pirro” o “vittorie di Bersani”: basta concerti per adesso, basta festeggiamenti e “sfilate” che assomigliano a demagogici cortei “calcistici”… Bisogna agire. Bisogna capire, per esempio, cosa prevede la “situazione stante” ripristinata con il primo quesito abrogativo. Bisogna capire cosa si è “abrogato”e non ripetere come un pappagallo “no alla privatizzazione” e “si al pubblico” quando gli stessi redattori dei quesiti per la gestione dei servizi idrici, come Stefano Rodotà, parlano di “follie ragionevoli” e di un superamento rivoluzionario della dicotomia “pubblico-privato” che dovrebbe essere presentato prossimamente con delle proposte operative (vedi i video del quarto post e l’approfondimento del secondo di questo "speciale" referendum).
Ecco in estrema sintesi cosa dicono i quesiti e quali sono gli attuali effetti della consultazione referendaria, salvo eventuali interventi legislativi auspicati dagli stessi “promotori”, per superare anche la “situazione stante”.
1) I servizi pubblici locali dell’ “acqua” ( e quando si parla di acqua si intende la “gestione” di depuratori, fognature e acquedotti e non la loro proprietà che, in teoria, rimane pubblica anche con il “Ronchi”), dei trasporti e del ciclo dei rifiuti non sono più servizi con “rilevanza economica”, come prevedeva il “decreto Ronchi”: essendo privi di questa “rilevanza” (e quindi del requisito di “economicità”) non ci saranno più delle gare a cui potranno partecipare sia pubblici che privati, come previsto dall’UE per questo tipo di servizi. Le società pubbliche di questi settori non dovranno più cedere gran parte del loro capitale ai privati per rimanere nella gestione senza indire gara, come prevedeva sempre lo stesso “Ronchi”, e potranno ritornare a gestire “in house” (ossia con società totalmente controllate dal pubblico, e quindi incluse in quella “dicotomia pubblico-privato” che i referendari vogliono superare) questi servizi locali.
2) I capitali investiti nei servizi idrici erano remunerati “in maniera automatica” da un 7% incluso nelle voci della tariffa. Questo 7%, per i promotori, era un profitto garantito al privato e non collegato a nessuna politica di “reinvestimento” per migliorare la qualità del servizio. I privati (non solo chi gestisce materialmente il servizio ma anche le banche e gli enti finanziari che anticipano le somme degli “investimenti”), non avendo il profitto “garantito” per legge non sono incentivati a investire.
-Interpretando letteralmente l’abrogazione potrebbero essere possibili, quindi, solo investimenti a fondo perduto con denaro pubblico http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-06-13/tariffa-idrica-anche-referendari-151111.shtml?uuid=AaIX1WfD
-Anche se è stata abolita l’ “adeguata remunerazione del capitale investito” il costo per gli utenti non sparirà, dato che c’è il principio del “full cost recovery”. Gli enti locali potranno “spalmare” sulla “fiscalità generale” (altre tasse) il costo della remunerazione degli investimenti (già pronta una proposta dell’ACEA, spa con maggioranza di capitale pubblico ed ex municipalizzata, nella Capitale http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-06-14/societa-private-bloccano-miliardi-063720.shtml?uuid=AaztpffD ).
3) Gli italiani hanno detto “No” all’energia elettrica prodotta con tecnologie nucleari sul territorio italiano. Il tentativo EVERSIVO del Governo di aggirare la volontà popolare, con la falsa rinuncia al nucleare, non è riuscito.
4) Gli italiani ritengono che il Consiglio dei Ministri e il suo Presidente debbano recarsi, con le possibilità che hanno tutti i cittadini, alle udienze. Esiste già, per qualunque cittadino imputato, la possibilità di sollevare “impegni” (per esempio un concorso pubblico) per rimandare l’udienza. E’ la magistratura che decide caso per caso e non esistono “cittadini più uguali degli altri”, come ha sostenuto Berlusconi.